Sotto le crode degli Sfornioi

Sui passi dei camosci: Il Viàz del Fonch

Nel Bellunese, il termine “viàz” indica percorsi generalmente in cengia utilizzati dai camosci nei loro spostamenti e dai cacciatori che davano loro la caccia nei tempi passati. Sono itinerari solitamente molto esposti e di difficile orientamento, su terreno infido e difficilmente proteggibile, che spesso presentano passaggi da superare arrampicando.

Richiedono assoluta concentrazione, abitudine all’ esposizione e capacità di muoversi su terreni difficili, e sono tra gli itinerari più rischiosi di questa zona. Le emozioni che riescono a regalare però, sono uniche.

Uno di questi percorsi è il Viàz del Fonch, che corre per cenge lungo le pareti degli Sfornioi, alto sopra la Val Bosconero prima e la Val Campestrin poi, collegando Forcella Ciavazòle con Forcella del Matt.

Nelle mie intenzioni questo sarebbe dovuto essere solo la prima parte di una traversata ben più ambiziosa, che stavo pianificando da mesi e che mi avrebbe portato insieme al mio socio Pietro a concatenare il Viàz del Fonch con i successivi Viàz de l’ Ors e Viàz de le Ponte, raggiungendo in due giorni Podenzoi dal Passo Cibiana e scalando due o tre cime lungo la strada.

Tuttavia, la situazione meteo non era abbastanza buona (ovvero: perfetta) per affrontare la traversata in sicurezza, abbiamo quindi deciso di ritirarci alla fine del Viàz del Fonch, avendo comunque completato una stupenda escursione.

 

23/09/2016

Partiamo da Passo Cibiana appena dopo l’ alba, diretti verso la meravigliosa finestra sul Bosconero di Forcella Ciavazòle.

 

L' Antelao alle prime luci del mattino
L’ Antelao alle prime luci del mattino

Siamo bardati di tutto punto, con attrezzatura da scalata, cibo e acqua per due giorni e tutto il necessario per bivaccare: una volta imboccato il Viàz, potremo contare solo su noi stessi. Meno di un’ ora e siamo alla forcella, da cui senza indugiare prendiamo la traccia che risale la spalla dello Sfornioi Nord, fino ad arrivare alla croce sull’ antecima. Qui ci fermiamo, riprendiamo fiato e indossiamo caschi e imbraghi.

Poco oltre, dopo un enorme masso piatto – il Fonch, o “fungo” in dialetto – si inizia a scendere sulla destra lungo una traccia appena accennata e  ripidissima, diretti verso le cenge un paio di centinaia di metri più in basso. Non fosse per gli ometti, piuttosto frequenti anche se spesso mezzi distrutti, sarebbe davvero difficile intuire il percorso. Superiamo alcune roccette e un breve salto di II grado da disarrampicare senza troppe difficoltà, e arriviamo presto alla cengia vera e propria.

 

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Scendendo verso la cengia

Il primo tratto è abbastanza tranquillizzante: per quanto si svolga su terreno friabile e si sia impegnati nella perenne caccia all’ ometto successivo, talvolta interpretando liberamente il percorso, la cengia non è mai davvero stretta o esposta.

Ci lasciamo cullare dagli spettacolari panorami che si aprono davanti ai nostri occhi, con guglie e pinnacoli di roccia che si fondono con le pareti circostanti solo per rivelarsi quando ci avviciniamo, mentre le bastionate degli Sfornioi incombono sopra le nostre teste e le torri slanciate delle Rocchette e del Sasso di Toanella fanno da sfondo.

 

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Il torrione

Arriviamo ad un alto torrione di roccia che si stacca dalla bancata ghiaiosa, formando una forcelletta per la quale passiamo. Siamo ormai sotto alla forcella dei Due Gendarmi, e mi fa uno strano effetto vederli da questa insolita prospettiva. Qui la cengia inizia a farsi più stretta e più rocciosa, mostrando la sua vera natura. Finchè non raggiungeremo il termine del viàz, ci saranno ben pochi punti dove potersi rilassare.

Arriviamo alla prima difficoltà: la cengia si interrompe in corrispondenza di un profondo canalino, sormontato da un basso tetto di roccia giallastra che gronda umidità, rendendo viscide le rocce su cui si dovrebbe passare. Tento di passare esternamente in spaccata, ma non ci sono appoggi solidi per i piedi, e una caduta qui sarebbe fatale, quindi non me la sento di rischiare troppo. Mi consulto con Pietro, e decidiamo di tirare fuori la corda e passare seduti sotto al tetto, assicurandoci a vicenda sui massi nelle vicinanze.

La sicurezza è più psicologica che effettiva, dato che non abbiamo modo di rinviare la corda e se cadessimo faremmo un brutto pendolo contro le rocce della parete, ma è meglio di niente. Il tempo di rimettere tutto negli zaini e siamo di nuovo in marcia, affrontando un breve passo del gatto sopra a una paretina friabile e raggiungendo poco dopo il canalone di massi che scende da Forcella Dantre Sfornioi.

 

Nel ventre della montagna
Nel ventre della montagna

Risaliamo i grossi massi diretti verso la forcella, con difficoltà attorno al I e II grado, su roccia non esattamente sana. Ci muoviamo uno alla volta, mentre l’ altro si tiene al riparo, arrivando in cima essendo riusciti – miracolosamente – a non farci cadere sassi addosso. Un intaglio di cresta, a picco sul versante Campestrin, mostra una visione molto preoccupante per la prosecuzione della nostra traversata: l’ intera valle è invasa da fitte nuvole basse.

Dopo un delicatissimo ed esposto traverso su ghiaie friabili appena sotto la cresta arriviamo in Forcella Dantre Sfornioi, dove le nostre paure ricevono conferma. Il resto del percorso è avvolto dalle nuvole, e proseguire in queste condizioni sarebbe rischioso.

 

Forcella Dantre Sfornioi
Forcella Dantre Sfornioi

Ci consultiamo, controlliamo l’ aggiornamento del meteo e prendiamo una decisione: aspetteremo in forcella che le nuvole si diradino e poi andremo diretti alla prima via di fuga, vale a dire il termine del Viàz, da cui torneremo a valle. Il pensiero di abortire così un giro che pianifico da tutta un’ estate mi rattrista molto, ma non c’è altra scelta: perdersi su itinerari simili è estremamente pericoloso, ed estremamente facile in caso di scarsa visibilità.

Approfittiamo della pausa forzata per pranzare, e appena le nuvole si spostano ci mettiamo in cammino, scendendo il canalone dalla forcella, decisamente più praticabile da questo versante, per poi riprendere per cenge lungo il versante est dello Sfornioi Sud. Per quanto i tratti esposti non manchino, su questo versante la cengia si incanala in una sorta di camminamento discendente, che la rende più protetta e ci tranquillizza un poco. In lontananza, i roccioni sopra il Col Alt, appendice mugosa dello Sfornioi Sud e nostro prossimo checkpoint, appaiono e scompaiono con i movimenti delle nuvole.

 

Verso il Col Alt
Verso il Col Alt

Superiamo un secondo passo del gatto in discesa e arriviamo al canale franoso che scende giù dal lato nord della forcella di Col Alt. La traccia continua oltre, ma l’ attraversamento del canale sembra poco sicuro, e scegliamo di risalire alcune roccette sulla sinistra, che sembrano ben gradinate e dovrebbero ricongiungersi alla traccia in cima. Le roccette in questione sono anche totalmente marce, e la scalata si rivela rischiosa e problematica.

 

Passo del gatto
Passo del gatto

Arrivati in forcella, rimane un ultimo ostacolo prima della fine: il lungo e infido canalone sud di Forcella di Col Alt, che scendiamo per circa metà superando anche alcuni salti di roccia, difficili più per l’ onnipresente ghiaino instabile che per altro. A un certo punto, un’ evidente cengia mugosa si stacca dal canalone sulla destra, e optiamo di seguire quella fino a Forcella del Matt, niente affatto allettati dalla prospettiva di continuare per il canale.

 

Il canalone sud del Col Alt
Il canalone sud del Col Alt

Raggiungiamo Forcella del Matt senza ulteriori difficoltà, e vediamo che anche il Viaz de l’ Ors, che corre lungo la parete del Sasso di Bosconero, è nascosto dalle nuvole. Ciò rinforza la nostra decisione di tornare a valle.

Ci avviamo verso il Bivacco Casera Campestrin, prima per ghiaie e poi per boschi, dove ci fermiamo a rifocillarci insieme alla squadra di manutenzione del CAI di San Donà, gestori del bivacco e primi esseri umani che incontriamo nella giornata. Da lì, raggiungiamo Casera Valbona e scendiamo per lunga e noiosa rotabile verso Ospitale, dove ci aspettano per riportarci a casa.

Pur incompleta, questa rimane comunque un’ escursione grandiosa, forse la più bella e impegnativa che io abbia fatto finora. Per la traversata completa del Bosconero come l’ avevo intesa, bisognerà ormai aspettare la prossima estate, con giornate più lunghe e clima migliore. Una cosa è certa: le montagne non hanno fretta, e io nemmeno. Tornerò.

 

Un ringraziamento speciale a Pietro Franceschi, mio compagno in questa avventura, e a Mirco Benvenuti, per le preziose informazioni sul Viàz che mi ha fornito.

 

 

Forcella Ciavazòle
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2 commenti su “Sui passi dei camosci: Il Viàz del Fonch

  1. Ciao Tommaso,
    complimenti per la scelta delle escursioni, la modalità di restituzione e le foto. Vorrei gustarmi un report al giorno, fanno scattare l’uzzolo di mettersi in moto per seguirne le tracce!
    Ciao
    Valerio

    1. Ciao Valerio! Sono contento che il report ti sia piaciuto. Ho iniziato a raccontare le mie escursioni proprio per questo motivo: stimolare chi ne è in grado ad andare in cerca di itinerari un po’ più impegnativi e fuori dall’ escursionismo di massa, e permettere a chi non se la sentirebbe di affrontare certi percorsi di conoscerli comunque attraverso le mie parole.
      Se ti servono informazioni sul viaz, non esitare a contattarmi!

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